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CONTAMINATA

Aveva bisogno di rigenerarsi. Aveva bisogno di allontanarsi da quella vita caotica e stressante.

Decise per una passeggiata nel bosco. Già dai primi passi capì che era stata la scelta giusta. I rumori del traffico avevano lasciato posto ai soffusi sospiri del bosco. Il fruscio delle foglie, in alto sui rami, e gli scricchiolii causati dai suoi passi, che calpestavano sul suolo ciò che, morendo, aveva lasciato gli alberi, ma che concimando il terreno avrebbe contribuito a creare nuova vita. L’aria, più fresca e pulita, qualche debole raggio di sole che filtrava tra i rami.

La felicità della semplicità.

Il gesto le venne spontaneo. Si avvicinò al tronco di un faggio e lo cinse con le braccia, come per ringraziarlo di quella serenità ritrovata. Chiuse gli occhi per apprezzare meglio la sensazione e le parve di diventare tutt’uno con l’albero, le sembrò che la linfa iniziasse a scorrerle al posto del sangue nelle vene. Sempre con gli occhi chiusi, vide la sua pelle, spogliata dagli abiti, ricoprirsi di corteccia, a chiazze, là dove entrava in contatto con il tronco.

Il respiro del bosco divenne il suo respiro; comprese la leggerezza della foglia, il fervore dei rami, la forza del tronco e la vitalità delle radici. Le divenne palese la generosità del terreno, che tutto nutre e fa crescere.

Seppe che sarebbe rimasta per sempre contaminata da quel contatto: non avrebbe più potuto negare la sua appartenenza alla Terra.

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